Venerdì 2 Maggio proietteremo in prima visione a Follonica lo straordinario documentario italiano acclamato all’ultimo Festival di Berlino : “Materia oscura” di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. Presenterà il film Giulio Sangiorgio, redattore di Film Tv e Gli Spietati – Rivista di cinema online

maxresdefaultMateria oscura è, semplicemente, il miglior film italiano dell’anno, l’unico per cui, secondo chi scrive, un critico oggi dovrebbe accendersi, quello che più di ogni altro sarebbe necessario invitare a vedere, insieme a Su Re di Columbu, e insistere a difendere […] Giulio Sangiorgio, FilmTV

Materia Oscura” racconta un luogo di guerra in tempo di pace. Lo spazio del film è il Poligono Sperimentale del Salto di Quirra in Sardegna dove per oltre cinquanta anni i governi di tutto il mondo hanno testato “armi nuove” e dove il governo italiano ha fatto brillare i vecchi arsenali militari compromettendo inesorabilmente il territorio. All’interno di questo spazio il film compone tre movimenti. Il primo mostra una ricerca attraverso gli archivi cinematografici del poligono che hanno visto protagonisti le armi e gli esplosivi di tutto il mondo. Il secondo segue l’indagine di un geologo che tenta di rintracciare l’inquinamento causato dalle sperimentazioni militari. La terza racconta il lavoro di due allevatori e del loro rapporto con la terra, gli animali e con un passato profondamente segnato dall’attività bellica. “Materia Oscura” racconta questo luogo silenziosamente avvelenato. E tra montagne e mare, passato e presente viene costantemente messa in scena una “guerra immaginaria” che sembra non aver fine.
Note:
Il Poligono Interforze Sperimentale del Salto di Quirra è nato il primo luglio del 1956. Si estende tra terra e mare per un’area di 12.700 ettari in Sardegna, nella regione dell’Ogliastra e del Sarrabus. E’ l’unico poligono sperimentale italiano e il più grande d’Europa. E’ composto da personale proveniente dall’aeronautica militare, dall’esercito italiano e dalla marina militare. Vi si addestrano unità della Nato e della Sesta Flotta con attività nelle varie combinazioni terra-aria-mare. Nel poligono vengono testati i missili e i razzi del Ministero della Difesa e lo spazio viene messo a disposizione di ditte private italiane e straniere per provare armi e materiali di nuova generazione e altamente tecnologici. Il costo di una singola sessione si aggira attorno ai 50 mila euro all’ora. Per oltre cinquanta anni francesi, svizzeri, russi, tedeschi, israeliani, cinesi, libici e altri ancora hanno scelto questo luogo a bassa intensità abitativa e dal territorio variegato per sperimentare “armi nuove”, mentre quelle a scadenza ravvicinata sono state fatte brillare, disperdendo nell’aria elementi tossici e nanoparticelle poi assorbite dai terreni del pascolo. Nel gennaio 2011, su ordine di Domenico Fiordalisi, Procuratore della Repubblica di Lanusei, la Squadra mobile di Nuoro ha posto sotto sequestro dei bersagli e dei radar situati nell’area militare, con l’ipotesi di omissione di cautele e di atti d’ufficio per mancati controlli sanitari. L’ipotesi di reato riguarda l’insorgenza in proporzioni insolite di linfomi, leucemie, malformazioni e altre patologie tra i militari, i lavoratori civili della base, i pastori concessionari del pascolo nell’area del poligono e i civili abitanti nei centri vicini. Tutto questo sarebbe dovuto all’uso massiccio e continuo di armi e materiali altamente radioattivi.

“Non si tratta di un reportage giornalistico, noi volevamo fare un film che parlasse di cinema, perché la potenza del cinema sta prima di tutto nella sua capacità di evocare grazie alla forza del racconto per immagini. Spetta alla procura di Lanusei, dover trovare le prove per spiegare perché in un’isola a vocazione turistica si muore di pace”.
(Massimo D’Anolfi e Martina Parenti)
http://www.cinemaitaliano.info/news/16846/berlinale-63-la-materia-oscura-da-berlino.html

“Oltre alla materia oscura una citazione scientifica ci ha accompagnato fin dall’inizio, che era appunto “In natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. In quel luogo quest’idea è una cosa fondamentale, perché è un po’ anche il processo del cinema, quello della trasformazione, ma è anche legato a quella che è la parte più realistica del documentario, riguardo a queste sperimentazioni belliche. Oggetti che per quanto si possano frantumare in mille pezzi piccolissimi, invisibili all’occhio, da qualche parte restano e generano molte cose. Quindi questa eco c’è, il nostro non è un film che dichiara nulla, ma questo non toglie che non abbia una presa di posizione precisa.”
Un’intervista a Massimo D’Anolfi e Martina Parenti in occasione della presentazione alla Berlinale del nuovo documentario “Materia Oscura” (2013): http://www.scenecontemporanee.it/cinema/dialoghi-intervista-a-massimo-danolfi-e-martina-parenti-478

Alcuni hanno definito Materia oscura un film fantascientifico.
Massimo D’Anolfi: In effetti l’area delle riprese ha un look post-apocalittico, post-bomba atomica. Sicuramente è un film scientifico, ma c’è anche chi ha parlato di horror. In realtà i modelli a cui si rifà sono due cartoni animati: WALL·E e Il mio vicino Totoro.

Di Materia oscura avevamo già parlato negli Scanners del n. 18/2013. Auguravamo al film un’uscita in sala: ma dopo mesi dalla presentazione alla Berlinale 2013, dopo gli osanna ovunque, la tenitura dal 2 all’8 dicembre al Cinema Palestrina di Milano (evento speciale sotto l’egida di Filmmaker) è una risposta di cui non possiamo accontentarci. Perché Materia oscura è, semplicemente, il miglior film italiano dell’anno, l’unico per cui, secondo chi scrive, un critico oggi dovrebbe accendersi, quello che più di ogni altro sarebbe necessario invitare a vedere, insieme a Su Re di Columbu, e insistere a difendere. Girato come quest’ultimo in Sardegna, è ambientato dentro e fuori il poligono sperimentale del Salto di Quirra, luogo da cui, dal 1956 al 2011, i governi di tutto il mondo hanno testato nuove armi con conseguenze tragiche sul paesaggio: gli uomini e gli animali muoiono prematuramente, nascono deboli e offesi tra le rovine di una terra che non può più essere madre causa inquinamento. Ma non è un documentario d’inchiesta: non ci sono parole (se non quelle di un procuratore che in radio elenca gli effetti del torio), ci sono immagini e suoni che pensano e ripensano il rapporto tra il mondo e la sua rappresentazione, chiedendosi come sia possibile raggiungere la missione ultima del cinema, filmare l’invisibile, e facendosi coscienza critica, persino oscena, di un documentarismo che sfrutta miseramente lo spettacolo delle immagini di archivio e ricorre automaticamente alla retorica del dolore.

Giulio Sangiorgio, FilmTV

Film lirico, articolato in tre atti, che utilizza il linguaggio e lo stile del documentario per raccontare la contaminazione chimica di un ecosistema, profetico e doloroso, che getta luce su una zona del nostro Paese. I due registi aprono il sipario su una terra apparentemente incontaminata, in realtà sconvolta

Materia oscura, l’ultimo lavoro del duo D’Anolfi-Parenti, rappresenta l’Italia nella sezione Forum della 63° Berlinale. Lo spazio del film è il Poligono sperimentale del Salto di Quirra, territorio della Sardegna compreso tra le province di Cagliari e Nuoro, un paradiso terrestre trasformato in un luogo di guerra, utilizzato dai governi di tutto il mondo per testare “nuove armi” e da quello italiano per far brillare i vecchi arsenali militari. Si tratta di un film lirico, che utilizza il linguaggio e lo stile del documentario per raccontare la contaminazione chimica di un ecosistema; fosforo bianco, napalm e sostanze radioattive hanno creato irreparabili danni alla natura, agli animali ed alla popolazione del luogo, causando malformazioni fisiche ed anomalie ambientali.

Il racconto è articolato in tre atti; nel primo si seguono le indagini di un geologo, alla ricerca delle tracce di inquinamento, tra proiettili, residui bellici, carcasse di carri armati e missili, che giacciono abbandonati come vecchi animali morti o dormienti. Il silenzio domina la scena ed accompagna lo sguardo di due fratelli pastori che degli effetti della guerra hanno fatto la normalità. La seconda parte del film/documentario attinge agli archivi mediatici militari, nel tentativo di riassumere oltre cinquant’anni di sperimentazioni belliche e di infinite esplosioni, rese con i colori saturi ed accesi delle immagini di repertorio, somministrate con un montaggio sapiente ed un uso calibrato di ralenti ed accelerazioni. Il terzo ed ultimo segmento è centrato sul lavoro di due allevatori, padre e figlio, che raccontano gli effetti tragici delle attività militari sul loro bestiame; è proprio in quest’ultimo movimento che il film raggiunge il suo lirismo più alto, mostrando senza facili sensazionalismi i crudeli orrori generati dalla guerra.

Materia oscura è un film profetico e doloroso, che getta luce su una zona del nostro Paese, in cui ancora oggi prosegue una battaglia sconosciuta a molti tra l’uomo e la natura, i cui effetti sono tangibili e terribilmente devastanti, “un luogo di guerra in tempo di pace”, in cui convivono la bellezza e l’orrore invisibile dell’inarrestabile macchina bellica. Godfrey Reggio nel suo Koyaanisqatsi sottolineava che “se scaviamo cose preziose dalla terra, inviteremo il disastro a emergere”, così nei silenzi avvelenati di una poetica tragica, in un luogo – non luogo, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, aprono il sipario su una terra apparentemente incontaminata, in realtà sconvolta da quella che gli autori definiscono una “guerra immaginaria che sembra non avere fine”.

Mariangela Sansone, Sentieriselvaggi

Potrebbe essere ambientato in qualsiasi luogo del mondo il nuovo film di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi: quasi una sfida andare a girare in una delle terre più caratterizzate d’Italia, la Sardegna, e uscirne con un film universale e avveniristico, che trova il suo fulcro in una profonda riflessione sul cinema e sul potere dello sguardo.

Dopo due viaggi nei meandri della società italiana (I promossi sposi e Grandi speranze), il cinema della coppia di documentaristi si sta spostando verso l’indagine di un luogo non più geografico ma simbolico, una mappatura di spazi significanti dell’immaginario contemporaneo, dall’aeroporto de Il castello alla base militare di Materia oscura, che nel dispiegare il loro funzionamento rivelano i meccanismi odierni del controllo e della distruzione. Se già la fortezza-Malpensa aveva offerto un’interessante allegoria della prigione della società (o, ancora, dell’inesorabile scorrere del tempo?) sull’esistenza umana, in Materia oscura la fortezza, in quanto Poligono militare di Quirra, è inespugnabile, visibile solo attraverso le tracce che ha lasciato. E proprio questi segni, impronte di fenomeni poco tangibili, sono ricercati dallo sguardo attento e lucido di D’Anolfi e Parenti, che scelgono di lasciare da parte gli artefici e le cause, per seguirne gli effetti su una natura selvaggia e irredenta, che soffre e si rivolta in masse di terra brulla, che si ritira tra le macerie di ordigni e macchinari abbandonati per poi risollevarsi sotto la luce rigenerante del sole, che continua incurante la sua vita atavica fino ad essere spezzata da un male innominabile e inspiegabile, capace di indebolire un vitello prima che possa diventare adulto.
Ecco che la presenza ingombrante della base militare ha a che fare con la vita e la morte: non con le strategie o le alleanze, non con la tecnologia e la scienza, solo con la continuazione dell’esistenza o con la sua fine. Ed è per questo che il filtro attraverso cui poter espugnare la fortezza è il cinema: arte che ha profondamente a che fare con la “materia oscura” che offre il titolo all’opera. I filmati militari, accatastati in pile di bobine sviluppate e conservate, sono l’impronta di una teoria di sperimentazioni che dal 1956 a oggi hanno avuto Quirra come indifeso scenario. Sono le tracce di un paesaggio brutalmente cambiato, di un cielo attraversato da continue scie cancerogene, ma anche testimonianza di uno sguardo affascinato dai congegni militari: svelati da portelloni meccanici, esaltati nelle loro forme slanciate e dinamiche, rappresentati nel tripudio di prestazioni perfette e terribili. Certo all’innocente propaganda dei primi filmati (in cui compaiono contadini ancora in costume stupiti dalla grandezza delle forze armate e bambini con palloncini rossi che rimandano alla simulazione – ludica? – della guerra operata dagli adulti), si sostituisce la volontà di documentazione, capace per un attimo di sotterrare gli entusiasmi per poi farli riaffiorare in voci fuori campo che commentano un test, pericolosamente associabile al dispositivo del videogioco. L’immagine ha ingoiato il reale, ponendosi non più come riflesso, deviato o esaltato, della prova della guerra, ma bensì sostituendosi alle buche lasciate dai missili nella somma di indici e traguardi ben focalizzati dall’adeguato punto di vista.
Ma per D’Anolfi e Parenti la portata dell’immagine documentaria ha tutta un’altra valenza, lontana dalla forza totalizzatrice del simulacro: di fronte alla superficie di un quadro che imprigiona zone morte e zone resistenti, lo sguardo si libera nel restituire la giusta dignità a chi in maniera semplice si trova a combattere per la vita del proprio bestiame. Il vecchio contadino che tiene fra le braccia il suo vitello morente, ripreso in un lungo piano fisso, ci accompagna verso un trapasso che libera il tempo dell’immagine, trasformandolo in cinema.
Daniela Persico, Filmidee
Oltre un anno fa, proprio su Doppiozero ci si rammaricava del fatto che uno dei migliori film italiani della stagione, Il castello, diretto da Martina Parenti e Massimo D’Anolfi, non avesse trovato la via per la sala, nonostante il sostegno produttivo di Rai Cinema e del successo raccolto nel circuito festivaliero (premio della Giuria al 29° Torino Film Festival, miglior fotografia agli International Documentary Awards di Los Angeles, per citarne solo un paio).

 Dispiace oggi constatare come Materia oscura abbia seguito lo stesso sfortunato destino del suo predecessore: un ottimo riscontro nei festival internazionali (a cominciare dalla Berlinale 2013), nessuna distribuzione nel nostro Paese. Per i felici pochi che vorranno assistere a quello che è uno dei più bei film italiani dell’anno, FilmMaker ha deciso di programmarlo come “Evento Speciale” lungo tutta la durata del festival, fino all’otto dicembre 2013 presso il cinema Palestrina di Milano.

Ellittico e misterioso fin dal titolo, Materia oscura è prima di tutto l’esplorazione di un luogo, un territorio dai tratti apparentemente familiari, eppure sconosciuto: un gregge di pecore viene accostato alle carcasse di autoveicoli militari, un pastore a uomini dell’esercito armati di contatori geiger. Di quando in quando si odono forti esplosioni. Lo spettatore, un po’ spaesato, cerca un appiglio nelle poche informazioni che il film gli fornisce. Un cartello lo informa: siamo a Salto di Quirra (Sardegna centro-orientale), nel poligono militare più grande d’Europa.

Qui, in un paesaggio baciato dal sole e lambito dal mare, da oltre mezzo secolo si testano gli ultimi ritrovati della balistica e si fanno brillare gli “scarti” degli arsenali nostrani, ormai inutilizzabili, avvelenando animali e abitanti. Una zona di guerra permanente, insomma, in cui il tempo sembra essersi fermato agli anni della Guerra Fredda – Materia oscura, al contrario del film precedente (che si basava appunto sul ciclo delle stagioni) sembra infatti svolgersi nell’eterno presente di un’estate assolata.

Impercettibilmente ma inesorabilmente, senza spiegare alcunché – i pochi riferimenti alla disastrosa situazione sanitaria e ambientale vengono forniti dalla voce registrata su nastro del procuratore Domenico Fiordalisi – Materia oscura si sposta dalla descrizione di un luogo alla descrizione di una carneficina che va avanti dal 1956. Ecco quindi che nella dialettica tra astrazione e concretezza sulla quale corre il film, trovano posto i materiali d’archivio realizzati dall’esercito stesso, per documentare, a scopo di valutazione, i test missilistici.

Estratte dal contesto originario, ri-filmate in moviola, rallentate fino allo spasmo o proiettate direttamente in negativo, queste immagini sembrano costituire una sorta di controcanto asettico e “scientifico” di altre immagini, ben più concrete e dense di realtà. La dissezione del cadavere di un topolino alla ricerca di agenti cancerogeni (la “materia oscura” del titolo?) e l’agonia interminabile di un vitello nato con gravi malformazioni, sotto gli occhi impotenti dei suoi allevatori, sono immagini di grande durezza, tanto più forti quanto più colte da un obbiettivo apparentemente distaccato, ma che è quanto di più partecipe vi possa essere.

Immagini che, come le scie luminose dei missili nelle ultime inquadrature del film, squarciano l’oscurità che ha avvolto e che avvolge da troppo tempo questa vicenda. Lungi dall’essere un “film di denuncia” (davanti ai documentari di D’Anolfi e Parenti l’espressione mi sembra persino offensiva), Materia oscura diventa perciò un film sul potere delle immagini, sulla loro capacità di restituire voce e vita a chi paga, quotidianamente, il prezzo carissimo di una guerra assurda e silenziosa.

Gabeliere Gimmelli, Doppiozero

IL TRAILER:

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