Venerdì 2 dicembre alle 21.30 – al Piccolo Cineclub Tirreno, in prima visione a Follonica – la scoppiettante Palma d’Oro del Festival di Cannes 2022 – “Triangle of sadness” di Ruben Ostlund distribuito da Teodora Film – una feroce e irriverente commedia satirica sull’egocentrismo umano. Per info e prenotazioni tel: 339/3880312.

Venerdì 2 dicembre alle 21.30 – al Piccolo Cineclub Tirreno, in prima visione a Follonica – la scoppiettante Palma d’Oro del Festival di Cannes 2022 – “Triangle of sadness” di Ruben Ostlund distribuito da Teodora Film- una feroce e irriverente commedia satirica sull’egocentrismo umano.
⭐Per info e prenotazioni tel: 339/3880312⭐
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Ma che cos’è il Triangle of sadness?
Ce lo spiega il regista:
“Il titolo si riferisce a un termine usato nel mondo della bellezza”, spiega…
“Una volta, durante una festa, un amico si è seduto accanto a un chirurgo plastico e questo, dopo una rapida occhiata alla sua faccia, gli ha detto: ‘Oh, hai un triangolo della tristezza abbastanza profondo, ma… posso risolverlo con del Botox in quindici minuti!’. Si riferiva alla ruga in mezzo alle sue sopracciglia, quella che in svedese chiamiamo ‘la ruga dei guai’, perché indica che nella tua vita hai dovuto sostenere tante battaglie… Pensavo che questa scelta dicesse qualcosa della nostra epoca e della nostra ossessione per le apparenze”.Vincitore della Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, Triangle of Sadness di Ruben Östlund è stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Il film, che si annuncia come uno dei titoli più attesi, controversi ed eclatanti della stagione, è una satira irresistibile dove ruoli sociali, stereotipi di genere e barriere di classe vanno in frantumi.Una coppia di modelli, Carl e Yaya (Harris Dickinson e Charlbi Dean), partecipa a una crociera di lusso insieme a un bizzarro gruppo di super ricchi e a un comandante (Woody Harrelson) con un debole per gli alcolici e Karl Marx. Tutto all’inizio sembra piacevole e “instagrammabile”, ma un evento catastrofico trasforma il viaggio in un’avventura in cui ogni gerarchia viene capovolta.Accolto dal pubblico a Cannes con vere e proprie ovazioni in sala durante la proiezione ufficiale, Triangle of Sadness è il secondo film di Östlund a conquistare la Palma d’Oro dopo The Square.”Triangle of Sadness è uno di quei rari film in grado di coinvolgere platee eterogenee, catturandone l’attenzione e scatenando reazioni in sala che in una visione casalinga verrebbero senza dubbio depotenziate.
Il regista Ruben Östlund ha vinto nel 2017 la Palma d’oro per The Square – film che venne poi anche candidato ai Premi Oscar, ai Golden Globe e che vinse il David di Donatello come Miglior Film Europeo – e quest’anno si presenta al Festival di Cannes 2022 con il suo primo film in lingua inglese, un’opera che affonda ancora di più i denti nella critica alla società occidentale dei consumi e del capitalismo, dell’apparenza e del classismo, mettendo in scena un gruppo di personaggi dove non si salva nessuno, intenti come sono a salvare se stessi.” Teo Youssoufian, Cinefcts.it”Diciamolo subito senza far tanto gli schizzinosi. Lo svedese “Triangle of Sadness” è uno degli oggetti più potenti apparsi in questi anni nella categoria (oggi trascurata) dei film “grand public”. Non solo per ciò che mostra e racconta, ma proprio per come lo fa. Facile liquidarlo come satira della lotta di classe e di genere additando gli eccessi: troppo lungo il naufragio, troppo vomito che schizza da bocche e toilette, troppo meschini i tanti personaggi. La verità è che Ruben Östlund, due volte palma d’oro a Cannes (la prima la vinse con “The Square”, altro film geniale e imperfetto), ha un dono. Sa far parlare i corpi. Ovvero sa incarnare con rara abilità i conflitti in cui siamo immersi (tanto da non farci nemmeno più caso) costruendo personaggi capaci di far esplodere le contraddizioni senza perdere un grammo di leggerezza e di simpatia. Sì, simpatia. I personaggi di Östlund possono essere tremendi ma capiamo sempre benissimo il loro punto di vista e i loro sentimenti. Altro che cinismo insomma.”
Fabio Ferzetti, L’ Espresso

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